PRIVATIZZAZIONI E DISMISSIONI


  • massime e generalizzate: il ricavato verrà utilizzato ai fini specifici della riduzione del debito pubblico, a partire dalle voci più onerose dello stesso, secondo l’operatività di una specifica voce taglio-beneficio, inserita tra quelle indicate nel capitolo del Programma denominato Metodo operativo;

  • per lo stato, ed indi per la collettività, appare maggiormente proficuo dismettere, in senso oneroso, ma non solo, certuni beni e/o partecipazioni e/o asset, piuttosto che lasciarli inerti e non produttivi, o addirittura in profonda e costante perdita, anche ricavandone poco, o nulla, piuttosto che permanere nella situazione attuale, specie perchè si rimettono in circolo delle risorse e con il ricavato si taglia il debito pubblico;

  • detto orientamento deve intendersi valevole per i beni improduttivi dello stato ma non solo, perchè quel bene, partecipazione e/o asset, ceduto al privato dovrà essere utilizzato in senso produttivo, creando reddito, e, in ultima analisi, un beneficio a vario titolo per la collettività.;

  • quel bene e/o partecipazione e/o servizio, o asset, nelle mani privatistiche dovrà necessariamente sottostare alle regole del profitto, con l’unico limite inderogabile ed adottabile per legge, secondo il quale detto bene deve essere reso, in un qualche modo e/o maniera, produttivo da parte del privato, pena la revoca dell’assegnazione, con automatica assegnazione al secondo avente diritto, ed applicazione di penali;

  • per comprendere ci si riferisce a caserme, palazzoni, complessi edilizi ed industriali, aree abbandonate e dismesse, fari, caselli, terreni ma anche a partecipazioni societarie, rami d’aziende e quant’altro è sotto l’occhio della gente in tutti i paesi e città italiane, ma anche a consimili beni che molto spesso non sono sotto l’attenzione della collettività, ed in tal senso appare opportuno procedere rapidamente ad un censimento dei ridetti;
  • nel presente capitolo-proposta è ricompresa anche la chiusura e/o liquidazione e/o soppressione di tutta una serie di enti inutili, per i quali esistono già degli elenchi dettagliati. L’esempio eclatante e trattato diffusamente negli articoli del Blog è quello del Cnel. In questi casi le persone impiegate in detti enti verranno riassegnate in altri rami della P.A;
  • Per quanto riguarda le c.d partecipate l’esempio classico ed attuale è quello dell’Atac romana. Pensiamo per un momento se un tale asset fosse in mani privatistiche quanto reddito produrrebbe e benefici per la collettività dato che la domanda in una città come la capitale è enorme e potenzialmente assai produttiva, mentre ora il servizio non funziona, i mezzi sono obsoleti, l’azienda tutta crea un buco di bilancio mostruoso che paghiamo tutti noi;
  • l’operazione complessiva deve essere affidata ad agili strutture nominate dall’esecutivo, con l’attribuzione dei necessari poteri, con previsione di termini, incarichi, premi e vantaggi in funzione della produttività dell’articolazione stessa. Il pensiero consiste nel fatto che la previsione di un premio, anche minimo, magari dello 0,1% (ma è una percentuale da vagliarsi), trattandosi di somme in gioco assai elevate, dovrebbe spingere per la produttività di dette unità-articolazioni incaricate delle dismissioni;
  • la scelta di quali beni, asset, enti e partecipazioni dovranno essere inseriti in questo programma spetta all’esecutivo, consistendo proprio in uno specifico e classico caso di scelta politica;