La crisi dello Stato nazionale e l’Europa delle Regioni

Siamo abituati a pensare la politica, l’assetto istituzionale e partitico complessivo secondo paradigmi e concetti socio-politici ormai antiquati, non corrispondenti alle nuove esigenze dei cittadini, dei lavoratori e delle categorie economiche di un Mondo globalizzato, informatizzato e sempre più “social”.

Di fronte al dilagare di una crisi non solo economica ma anche etica e sociale, il partito politico tradizionalmente inteso, così come lo Stato-nazione, fanno ormai fatica a trovare spazi e consensi tra i popoli: due capisaldi si stanno sgretolando. L’Europa è un esempio lampante di questo scenario e impone serie riflessioni, e azioni: le vicende della Catalogna in ultimo, ma ancora prima regionalismi e diffusione di populismi e forze di estrema destra (pronti a staccarsi dalla stessa Ue o dall’euro), dimostrano che è arrivato il momento di cambiare. Da un lato accogliere le istanze territoriali sparse per l’Europa, mantenendo vive tradizioni secolari, ma dall’altro ridare forza e vigore all’istituzione e integrazione europea, a tutti i livelli.

Se la creazione degli Stati Uniti d’Europa, sognato da un grande europeista come Altiero Spinelli, appare oggi difficilmente realizzabile (imporrebbe una Federazione di Stati nazionali), immaginare una Europa delle Regioni è possibile, anzi forse in prospettiva l’unica strada percorribile: i cittadini votano per un governo e un Parlamento europeo, unico, e poi per i loro rappresentanti regionali dei rispettivi territori (i quali avrebbero un ruolo in sede UE). Insomma una nuova architettura istituzionale su due livelli, con il “game-over” finale dello Stato nazionale.

Pensiamo al risparmio di costi pubblici (con più risorse per investimenti, ad esempio), pensiamo alla possibilità di creare una vera sensibilità politico-culturale europea, pensiamo allo scrollarci di dosso un immobilismo decisionale intollerabile e dannoso se vogliamo competere (come Europa politica e socio-economica) con colossi come Cina, Russia, Stati Uniti o Brasile. Ci vorrà tempo e le resistenze degli Stati nazionali non mancheranno, tuttavia per salvare l’Europa (bloccata dagli stessi Stati membri) serviranno anche scelte e indirizzi “rivoluzionari”: ripensare, ridisegnare e riscrivere le nostre istituzioni!

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