Si è creato un impasse, un cortocircuito, perché l’unione monetaria, senza quella politica, paralizza l’Europa, siccome è stato un errore creare la prima e non riuscire a realizzare la seconda.
Ugualmente il pensiero internazionalista si è rivelato fallace e le nazioni, stante la debolezza dell’unione politica dell’Unione, non sono affatto scomparse, anzi esse si sono erette a baluardo della divorante globalizzazione.
Con la globalizzazione si pensava ed ipotizzava la creazione di un mondo migliore, in cui i conflitti sociali e razziali sarebbero stati assorbiti ed annullati dall’aumento generalizzato del benessere, ma nessun economista e/o politologo ha tenuto nella debita considerazione quelli che si sono rivelati i devastanti effetti collaterali della globalizzazione.
L’applicazione pratica del mercato globale ha fatto emergere prepotentemente il carattere non infinito della domanda e del mercato e con esso la cessazione delle aspettative crescenti, generando un processo di separazione delle élite, estranee al popolo, l’aumento del divario tra ricchi e poveri e la diminuzione dell’offerta di lavoro, stante il galoppante progresso tecnologico.
La vittima di questo processo si è dimostrata la pace sociale ed in oggi si assiste ad una internazionalizzazione della lotta delle classi meno abbienti.
La pace sociale non si è rivelata il frutto del mercato del consumo globale e le nuove dinamiche socio-economiche ci hanno fattualmente dimostrato che essa non è perseguibile disgiunta dalla solidarietà degli individui.
La globalizzazione deve necessariamente venire a patti con la pace sociale, perché senza di essa si scivola verso la guerra civile.